Mi avevano parlato dell’abbandono. Della sua ferita.
Non pensavo, ma oggi riesco a vederlo. Lo vedo in quell’incedere incerto, in quel silenzio, in quello sguardo.
Lo vedo nelle sue insicurezze, nelle sue incertezze.
Poi a volte me lo sbatte in faccia. Con più durezza. Con più dolore.
Tante volte quando era piccola mi ha chiesto di raccontargli la sua storia. Erano pochi i perchè che mi chiedeva.
Alcuni particolari, quelli si che me li chiedeva.
E riuscivo ad immaginare insieme a lei. Oppure insieme ci guardavamo riempiendo quel vuoto di un colore o di un silenzio fatto di abbracci. Forse a volte con più serenità che con dolore. O con dispiacere.
Ma ancora quella sua mamma e quel suo papà, quelli biologici, riuscivo a guardarli con una certa calma. No, la gratitudine per aver messo al mondo mia figlia non riuscivo proprio a provarla.